Lettera informativa n. 127/15 del 15.07.2015 NG 9-2015

 

NEWSLETTER GIURISPRUDENZIALE n. 9-2015

 

 RACCOLTA MAGGIO 2015

1. CASSAZIONE CIVILE, SEZ. II, SENTENZA N. 8938 DEL 5 MAGGIO 2015

(scritture private provenienti da terzi estranei)

Le scritture private provenienti da terzi estranei alla lite possono essere liberamente contestate dalle parti, non applicandosi alle stesse né la disciplina sostanziale di cui all’art. 2702 c.c., né quella processuale di cui all’art. 214 c.p.c., atteso che esse costituiscono prove atipiche il cui valore probatorio è meramente indiziario, e che possono, quindi, contribuire a fondare il convincimento del giudice unitamente agli altri dati probatori acquisiti al processo; nell’ambito delle scritture private deve, peraltro, riservarsi diverso trattamento a quelle la cui natura conferisce loro una incidenza sostanziale e processuale intrinsecamente elevata, tale da richiedere la querela di falso onde contestarne l’autenticità.

2. CASSAZIONE PENALE, SEZ. III, SENTENZA N. 18667 DEL 6 MAGGIO 2015

(interposizione fittizia di manodopera – personale dell’appaltante – ausiliari dell’appaltatore)

Il personale dell’appaltante che impartisce disposizioni agli ausiliari dell’appaltatore non è rilevante ai fini della sussistenza del reato di interposizione fittizia di manodopera a carico del legale rappresentante. Per la configurazione del reato devono ricorrere tre requisiti: rischio d’impresa, mezzi necessari all’appalto e potere organizzativo e direttivo.

3. CASSAZIONE CIVILE, SEZ. I, SENTENZA N. 9201 DEL 7 MAGGIO 2015

(azione di accertamento negativo – onere della prova) L’onere probatorio gravante, a norma dell’art. 2697 c.c., su chi intende far valere in giudizio un diritto, ovvero su chi eccepisce la modifica o l’estinzione del diritto da altri vantato, non subisce deroga neanche quando abbia ad oggetto ‘fatti negativi’, in quanto la negatività dei fatti oggetto della prova non esclude né inverte il relativo onere, gravando esso pur sempre sulla parte che fa valere il diritto di cui il fatto, pur se negativo, ha carattere costitutivo; tuttavia, non essendo possibile la materiale dimostrazione di un fatto non avvenuto, la relativa prova può essere data mediante dimostrazione di uno specifico fatto positivo contrario, od anche mediante presunzioni dalle quali possa desumersi il fatto negativo.

4. CASSAZIONE CIVILE, SEZ. II, SENTENZA N. 9237 DEL 7 MAGGIO 2015

(avvocato – compensi – commisurazione)

In tema di liquidazione del compenso per l’esercizio della professione forense è il cliente che deve fornire la prova che l’avvocato abbia svolto l’attività defensionale affidatagli con imperizia o comunque con impegno inferiore alla comune diligenza, altrimenti le singole voci ben possono essere liquidate al di sopra del minimo tariffario. Solo se chieda compensi al di sopra del massimo previsto il professionista deve fornire, a norma dell’art. 2697 c.c., la prova degli elementi costitutivi del diritto fatto valere, cioè delle circostanze che nel caso concreto giustifichino detto maggiore compenso, restando in difetto applicabile la tariffa nell’ambito dei parametri previsti.

5. CASSAZIONE CIVILE, SEZ. III, SENTENZA N. 9249 DEL 7 MAGGIO 2015

(responsabilità medica – consulenza tecnica d’ufficio – mezzo di prova)

In tema di controversie inerenti la colpa medica la consulenza tecnica d’ufficio è mezzo di prova allorché il danno – come quello alla salute – non può essere provato con i mezzi ordinari.- La sentenza di merito è stata cassata per aver rigettato la domanda perché non provata dopo aver ammesso che il danno poteva essere provato tramite l’opera di un consulente tecnico d’ufficio, risultando così violato il principio secondo cui il giudice non può, senza contraddirsi, imputare alla parte di non assolvere all’onere di provare i fatti costitutivi della domanda e poi negarle la prova offerta.

6. CASSAZIONE CIVILE, SEZ. TRIBUTARIA, SENTENZA N. 9334 DELL’8 MAGGIO 2015

(elusione – sentenza – motivazione)

È nulla la sentenza che legittima l’accertamento basato sull’elusione fiscale quando il giudice tributario si basa esclusivamente sul verbale della Finanza senza motivare sull’inesistenza delle valide ragioni economiche dell’operazione commerciale, oltre l’indebito risparmio d’imposta.

7. CASSAZIONE CIVILE, SEZ. III, SENTENZA N. 9320 DELL’8 MAGGIO 2015

(danno non patrimoniale – lesione del vincolo parentale – lesione alla validità psicofisica – liquidazione separata)

Il risarcimento del danno da fatto illecito, come ad esempio nel caso del sinistro stradale, presuppone che sia stato leso un interesse della vittima, che da tale lesione sia derivata una «perdita» concreta, ai sensi dell’articolo 1223 c.c. e che tale perdita sia consistita nella diminuzione di valore di un bene o di un interesse: ne consegue che quando la suddetta perdita incida su beni oggettivamente diversi, anche non patrimoniali, come il vincolo parentale e la validità psicofisica, il giudice è tenuto a liquidare separatamente i due pregiudizi, senza che a ciò osti il principio di onnicomprensività del risarcimento del danno non patrimoniale, il quale ha lo scopo di evitare le duplicazioni risarcitorie, inconcepibili nel caso in cui il danno abbia inciso su beni oggettivamente differenti.

8. CASSAZIONE PENALE, SEZ. III, SENTENZA N. 19335 DELL’11 MAGGIO 2015

(fatture false – concorso nel reato)

Il consulente fiscale risponde del reato di concorso nell’emissione e concorso nell’utilizzazione di fatture per operazioni inesistenti se utilizza documenti irregolari nella predisposizione del bilancio; può sfuggire alla contestazione del reato solo nell’ipotesi che abbandoni l’incarico dopo il primo esercizio in cui emerge l’irregolarità.

9. CASSAZIONE CIVILE, SEZ. III, SENTENZA N. 9573 DEL 12 MAGGIO 2015

(opposizione agli atti esecutivi – giudice persona fisica – identità – ricusazione)

L’articolo 186 bis disp. att. c.p.c., introdotto dalla l. 18 giugno 2009, n. 69, articolo 52, comma 7, prevede un’ipotesi speciale di incompatibilità tra il giudice persona fisica che abbia conosciuto dell’atto esecutivo opposto ed il giudice investito del giudizio di opposizione agli atti esecutivi avverso quello stesso atto, che impone un obbligo di astensione ai sensi dell’articolo 51 c.p.c. n. 4. Tuttavia, in difetto di ricorso per la ricusazione del giudice, ai sensi dell’articolo 51 c.p.c., comma 1, n. 4), e articolo 52 c.p.c., la violazione dell’obbligo di astensione non è deducibile in sede di impugnazione come motivo di nullità della sentenza.

10. CASSAZIONE CIVILE, SEZ. I, SENTENZA N. 9633 DEL 12 MAGGIO 2015

(collocamento dei figli presso il coniuge che si trasferisce)

Di fronte alle scelte insindacabili sulla propria residenza compiute dei coniugi separati, i quali non perdono, per il solo fatto che intendono trasferire la propria residenza lontano da quella dell’altro coniuge, l’idoneità ad essere collocatari dei figli minori, il giudice ha esclusivamente il dovere di valutare se sia più funzionale al preminente interesse della prole il collocamento presso l’uno o l’altro dei genitori, per quanto ciò incida negativamente sulla quotidianità dei rapporti con il genitore non collocatario: conseguenza, questa, comunque ineluttabile.

11. CASSAZIONE CIVILE, SEZ. TRIBUTARIA, SENTENZA N. 9721 DEL 13 MAGGIO 2015

(versamenti in banca – presunzione forte)

La presunzione stabilita dal D.P.R. n. 600 del 1973, art. 32 non necessita dei requisiti di gravità, precisione e concordanza richiesti dall’art. 2729 c.c., per le presunzioni semplici. In altri termini, sia i prelevamenti che i versamenti operati su conti correnti bancari del contribuente vanno imputati a ricavi conseguiti dal medesimo nella propria attività d’impresa, se questo non dimostra di averne tenuto conto nella determinazione della base imponibile oppure che sono estranei alla produzione del reddito. Per poter superare la presunzione legale occorre che il contribuente fornisca valida prova contraria che deve essere valutata dal giudice in rapporto agli elementi risultanti dai suddetti conti, per verificare, attraverso i riscontri possibili (date, importi, tipo di operazione, soggetti coinvolti), se ed eventualmente a quali movimenti la documentazione fornita dal contribuente si riferisca.

12. CASSAZIONE CIVILE, SEZ. TRIBUTARIA, SENTENZA N. 9973 DEL 15 MAGGIO 2015

(induttivo – crisi economica – rilevanza)

È nullo l’accertamento induttivo che non tiene conto delle difficoltà legate alla crisi economica del settore. L’ufficio, in questi casi, non può fondare l’atto impositivo sulle incongruenze riscontrate fa costi e ricavi.

13. CASSAZIONE PENALE, SEZ. II, SENTENZA N. 20606 DEL 19 MAGGIO 2015

(appropriazione indebita – causa civile – spese liquidate – rifiuto di consegna all’avvocato)

Non commette il reato di appropriazione indebita la parte vincitrice di una causa civile – a cui favore il giudice abbia liquidato una somma a titolo di spese legali – che si rifiuti di consegnarla al proprio avvocato che reclami come propria la suddetta somma, non potendosi affermare che il denaro sarebbe di proprietà del difensore ai sensi dell’articolo 13, comma 8, legge 247/12, il quale prevede l’obbligazione solidale delle parti in ipotesi di conclusione della controversia con accordi di qualunque specie, dovendosi osservare che la citata disposizione, affermando che le parti sono solidalmente tenute al pagamento, fa pur sempre riferimento a una obbligazione e non a un diritto reale.

14. CASSAZIONE CIVILE, SEZ. VI, SENTENZA N. 10233 DEL 19 MAGGIO 2015

(procedura fallimentare – durata ragionevole del processo)

La durata ragionevole delle procedure fallimentari può essere stimata in cinque anni per quelle di media complessità, ed è elevabile fino a sette anni allorquando il procedimento si presenti notevolmente complesso; ipotesi, questa, ravvisabile in presenza di un numero elevato di creditori, di una particolare natura o situazione giuridica dei beni da liquidare, della proliferazione di giudizi connessi alla procedura, ma autonomi e quindi a loro volta di durata condizionata dalla complessità del caso, oppure della pluralità delle procedure concorsuali interdipendenti. Se è vero che il giudice nazionale deve, in linea di principio, uniformarsi ai criteri di liquidazione elaborati dalla Corte europea dei diritti dell’uomo, secondo cui, data l’esigenza di garantire che la liquidazione sia satisfattiva di un danno e non indebitamente lucrativa, la quantificazione del danno non patrimoniale deve essere, di regola, non inferiore a 750 euro per ogni anno di ritardo, in relazione ai primi tre anni eccedenti la durata ragionevole, e non inferiore a mille euro per quelli successivi, permane, tuttavia, in capo allo stesso giudice, il potere di discostarsene.

15. CASSAZIONE CIVILE, SEZ. II, SENTENZA N. 10216 DEL 19 MAGGIO 2015

(comunione ereditaria – scioglimento – immobile non comodamente divisibile)

Ai sensi dell’articolo 720 c.c., in caso di comunione ereditaria avente ad oggetto un immobile non comodamente divisibile, se vi sono coeredi titolari di quote identiche e tutti chiedono l’assegnazione, il giudice ha il potere-dovere di scegliere tra i più richiedenti valutando ogni ragione di opportunità e convenienza, dandone adeguata motivazione.- Se non è ravvisabile alcun criterio oggettivo di preferenza, soccorre il rimedio residuale della vendita all’incanto, dovendosi escludere che la scelta del condividente cui assegnare il bene possa dipendere dalla maggiore offerta che uno di essi faccia rispetto al prezzo di stima, dovendosi osservare che se la scelta dell’assegnatario dovesse essere determinata dalla somma che egli offre di pagare a conguaglio, verrebbe meno la caratteristica tipica del procedimento per assegnazione e questo si risolverebbe in una vendita all’incanto, mentre il procedimento divisionale non è soggetto a gara tra i condividenti, altrimenti verrebbe meno la parità di condizione degli aspiranti assegnatari e la scelta verrebbe ad essere determinata, o quanto meno influenzata, dalle maggiori o minori possibilità economiche degli aspiranti.

16. CASSAZIONE CIVILE, SEZ. VI, ORDINANZA N. 10523 DEL 21 MAGGIO 2015

(imposte periodiche – giudicato esterno)

In materia tributaria, l’effetto vincolante del giudicato esterno, in relazione alle imposte periodiche, è limitato ai soli casi in cui vengano in esame fatti che, per legge, hanno efficacia permanente o pluriennale, producendo effetti per un arco di tempo che comprende più periodi di imposta, sicché è esclusa l’efficacia espansiva del giudicato per le fattispecie “tendenzialmente permanenti”, in quanto suscettibili di variazione annuale.

17. CASSAZIONE CIVILE, SEZ. III, SENTENZA N. 10546 DEL 22 MAGGIO 2015

(vendita immobiliare – contratto preliminare – conclamata volontà di non adempiere dell’altro – azione ex articolo 2932 del codice civile – proponibilità prima della scadenza del termine di adempimento)

In tema di preliminare di vendita immobiliare l’azione ex articolo 2932 del Cc può essere proposta anche prima della scadenza del termine di adempimento, qualora risulti già conclamata la volontà di non adempiere dell’altro.

18. CASSAZIONE PENALE, SEZ. III, SENTENZA N. 21626 DEL 25 MAGGIO 2015

(contumacia – abrogazione dell’istituto – irreperibili – sospensione del procedimento)

La legge 67/2014, entrata in vigore il 17 maggio 2014, ha introdotto la “sospensione del procedimento nei confronti degli irreperibili” (così nel titolo della legge medesima), di fatto liberando il processo penale dall’istituto della contumacia; ne consegue che le nuove disposizioni si applicano nei giudizi di primo grado in cui al 17 maggio 2014 non sia stata pubblicata, mediante lettura del dispositivo, la sentenza, dovendosi ritenere che in questi processi il giudice, anche se vi sia stata dichiarazione di contumacia, deve verificare la situazione dell’imputato alla luce della nuova normativa, controllando se sia possibile processare l’imputato assente o se il processo debba invece essere sospeso. Negli altri processi in cui l’imputato sia stato dichiarato contumace si applicano invece le disposizioni previgenti (da quelle sulla notificazione all’imputato dell’estratto contumaciale della sentenza di primo grado in avanti). In tali ultimi processi, tuttavia, in via eccezionale, si applicano le nuove disposizioni qualora la dichiarazione di contumacia dell’imputato sia stata preceduta dall’emissione di un decreto di irreperibilità, avendo tale eccezione come destinatario naturale il giudice d’appello, il quale è dunque tenuto a verificare la concreta situazione dell’imputato, dichiarato irreperibile, alla luce della nuova normativa, non essendo detto, evidentemente, che la dichiarazione di irreperibilità sottenda necessariamente la mancata conoscenza del procedimento.

19. CASSAZIONE CIVILE, SS. UU., SENTENZA N. 10798 DEL 26 MAGGIO 2015

(azione di indebito arricchimento – nei confronti della pubblica amministrazione – onere della prova)

La regola di carattere generale secondo cui non sono ammessi arricchimenti ingiustificati né spostamenti patrimoniali ingiustificabili trova applicazione paritaria nei confronti del soggetto privato come dell’ente pubblico; poiché il riconoscimento dell’utilità non costituisce requisito dell’azione di indebito arricchimento, il privato attore ex articolo 2041 c.c. nei confronti della pubblica amministrazione deve provare il fatto oggettivo dell’arricchimento, senza che l’amministrazione possa opporre il mancato riconoscimento dello stesso, potendo essa, piuttosto, eccepire e dimostrare che l’arricchimento non fu voluto o non fu consapevole.

20. CASSAZIONE CIVILE, SEZ. LAVORO, SENTENZA N. 10834 DEL 26 MAGGIO 2015

(licenziamento – natura ritorsiva)

Il giudice del merito può indagare la natura discriminatoria o ritorsiva del licenziamento anche se il lavoratore si è limitato a chiedere la dichiarazione di illegittimità del licenziamento per assenza della giusta causa, senza mai domandare l’accertamento della natura discriminatoria del recesso.- Nell’accertamento della sussistenza della giusta causa di licenziamento è sempre necessario verificare con chiarezza il fatto addebitato nella lettera di contestazione e ritenere che laddove vengano in considerazione eventuali profili discriminatori o ritorsivi nel comportamento datoriale, il giudice deve tenerne conto.- Ne consegue che se non tutte le sanzioni disciplinari (e i licenziamenti) illegittimi sono discriminatori, tutte le sanzioni disciplinari (e i licenziamenti) discriminatori sono illegittimi, come risulta confermato anche dal particolare regime loro riservato dalla legge n. 92 del 2012 e oggi dal d.lgs. 4 marzo 2015, n. 23.

21. CASSAZIONE PENALE, SEZ. III, SENTENZA N. 22104 DEL 27 MAGGIO 2015

(messa alla prova per adulti – novella di cui alla legge 67/2014 – nei giudizi di impugnazione – sospensione – irretroattività)

Nei giudizi di impugnazione davanti alla Corte d’appello e davanti alla Corte di cassazione l’imputato non può chiedere la sospensione del procedimento con la messa alla prova di cui all’articolo 168 bis c.p., né può altrimenti sollecitare l’annullamento della sentenza impugnata con rinvio al giudice di merito, attesa l’incompatibilità dell’istituto introdotto dalla legge 67/2014 con i predetti giudizi di impugnazione, perché il beneficio dell’estinzione del reato, connesso all’esito positivo della prova, presuppone lo svolgimento di un “iter” processuale alternativo alla celebrazione del giudizio, ma non incide affatto sulla valutazione sociale del fatto, la cui valenza negativa rimane appunto il presupposto per imporre all’imputato, il quale ne abbia fatto esplicita richiesta, il programma di trattamento alla cui osservanza con esito positivo consegua l’estinzione del reato. Ne consegue che si resta al di fuori dell’ambito di operatività del principio di retroattività della lex mitior ed è pertanto da escludere che la mancata previsione di una applicazione retroattiva dell’istituto della messa alla prova si ponga in contrasto con l’art. 7, par. 1 Cedu, come interpretato dalla Corte di Strasburgo e violi l’articolo 117, comma 1 della Costituzione che del primo (norma interposta) costituisce il parametro di legalità costituzionale.

22. CASSAZIONE CIVILE, SEZ. III, SENTENZA N. 11192 DEL 29 MAGGIO 2015

(spese di giudizio – difensore distrattario – appello – condanna del professionista al pagamento delle spese di lite)

In tema di spese processuali è illegittima la decisione con cui il giudice di appello condanni alle spese del grado il difensore che abbia proposto appello, in proprio, per ottenere la riforma della sentenza emessa in primo grado, limitatamente al capo in cui aveva omesso di provvedere sulla richiesta di distrazione delle spese. Il legale, infatti, non assume in tale giudizio la qualità di parte e non può considerarsi quindi soccombente.

 

 A CURA DEL GRUPPO DI LAVORO INFORMATIVE GIURISPRUDENZIALI 2014

(Avv.ti Arcieri Mastromattei Antonella, Cannati Giuseppe, Cavallucci Matteo, Cocco Antonietta, De Lellis Bronislava, Di Luzio Manuela, Francese Teresa, La Gorga Luca, Massari Colavecchi Luigi Angelo, Mimola Gaetano, Pera Anna Maria, Renzetti Francesco)